Il Real Madrid offre la Coppa del Re al Santiago Bernabeu, e la permanenza in Liga al Real Zaragoza. Dopo lo Sporting Gijon anche la squadra di Aguirre trova tre punti importantissimi in chiave salvezza a Chamartìn. La vittoria del Real sul Real porta la firma di Angel Lafita ma anche quella di José Mourinho, che manda in tribuna Cristiano Ronaldo un po’ per turn-over e un po’ per punizione, e in panchina Marcelo, Di Maria e Ozil. In Aragona ringraziano, ma alla Casa Blanca non avranno gradito.
Perché sarà pur vero che la rimonta in Champions League è un po’ meno impossibile di quella in campionato, ma abdicare prima che la matematica sentenzi la sconfitta non è certo da grandi. E il primo tempo del Real è davvero troppo brutto per pensare che le merengues ci credano ancora. Rinunciare alla lotta non è nel dna del Real Madrid, non è nemmeno da calcio spagnolo, è invece, ci perdoni Stanis La Rochelle per la citazione non autorizzata, un filo troppo “italiano”.
E non sarà contento nemmeno Jorge Valdano, uno che con la camiseta blanca ha vinto due titoli da giocatore e uno da allenatore, e a cui oggi è stato interdetto l’accesso agli spogliatoi della squadra di cui è ancora direttore tecnico. La guerra con Mou è sempre più aspra, e se prima Florentino Perez sembrava totalmente dalla parte del suo Special One, non è detto che non possa cambiare idea se a fine stagione i milioni spesi per l’ingaggio di José dovessero portare soltanto una Coppa del Re.
La verità è che Mou non piace a tutti nella società, non piace per niente alla stampa, e dopo la sconfitta per 2-0 nell’andata della semifinale di Champions League piace un po’ meno anche ai tifosi. Come se non bastasse il suo gioco ultra-difensivo sembra aver stufato anche Cristiano Ronaldo, e le sue dichiarazioni contro il “potere forte” del Barça sono piaciute pochissimo pure all’Uefa e all’Unicef, chiamato direttamente in causa come strumento di pressione per ottenere risultati migliori.
Allora ecco che la pre-iscrizione dei figli a Lugano assume un nuovo significato, e i tifosi interisti sono autorizzati a sognare il ritorno. Perché in Italia il catenaccio non è mai stato reato e le mancanze di rispetto a giornalisti e avversari sono semplice folklore, diversivi di un incurabile guascone perfetti per spezzare la noia del nostro campionato. José lo sa perché l’ha provato, e sotto sotto ci pensa già da un po’. Forse un anno gli è bastato per capire che “Milano è megl e Madrid”.