Il Genoa e il potere degli ultras

Pubblicato: aprile 23, 2012 in calcio, calcio italiano
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Resistenza passiva. L’impressione è che se si fosse trattato di una protesta per il diritto al lavoro o qualcosa di altrettanto serio, saremmo stati tutti dalla parte della Curva del Genoa. Il problema è che si parla di calcio, e l’episodio di Marassi, con la partita fermata dagli ultras, è l’ennesima dimostrazione di come in Italia si attribuisca un’importanza eccessiva a quello che resta pur sempre un gioco, per quanto costosissimo. E invece il calcio tira fuori il peggio di noi, ci mette in competizione gli uni con gli altri, scatena invidia e odio. Non potendo costruire torri per dimostrare la nostra superiorità sugli altri, demandiamo questo compito alla nostra squadra di calcio.

Nessuno si è fatto male, ma questo non può bastare. Nel calcio non esiste democrazia: da una parte ci sono le società e i loro dipendenti (tecnici e giocatori), dall’altra c’è il pubblico, ed è bene che le due cose rimangano rigidamente separate. Si possono togliere le barriere negli stadi, sarebbe anche auspicabile sotto certi aspetti, ma poi si vedono scene come quella di ieri e uno ci ripensa su.

Siamo davvero maturi? A giudicare dalla stagione della Juventus, la prima in Italia a mettere i tifosi a bordo campo, sì (ma è anche vero che i risultati aiutano), a vedere i fatti di Genova, purtroppo, no. Il Wolverhampton ieri è retrocesso matematicamente perdendo in casa contro il Manchester City: dai suoi tifosi solo applausi. In Inghilterra non si invade il campo, non si impedisce ai calciatori di giocare. Ecco perché le barriere non esistono: sono semplicemente superflue.

In Italia è tutto diverso. Le società intrattengono rapporti con gli ultras, talvolta pagano loro le trasferte, capita che ne diventino ostaggio. È quello che è successo ieri. Chi paga il biglietto ha il sacrosanto diritto alla contestazione, ma non può in nessun modo minacciare o ricattare giocatori, presidenti, allenatori.

L’aspetto peggiore è però il fatto che questi ultimi si pieghino al volere degli ultras, che sia per connivenza o arrendevolezza. Vedere il capitano del Genoa, Marco Rossi, togliersi la maglia e raccogliere quelle dei compagni per consegnarle ai tifosi, è stato veramente brutto. La resa del calcio, completamente impotente, resa ancora più ridicola dalla dimostrazione che bastava reagire, come Sculli, rifiutandosi di obbedire, per riportare la situazione alla normalità.

Si potrebbe infine affrontare il discorso su come il tifoso vero si dovrebbe comportare durante i momenti di difficoltà della squadra, ma si rischierebbe di scadere nella retorica. In ogni caso, chiunque abbia praticato sport a livello agonistico, sa che a nessuno piace perdere: non a chi è sugli spalti, tantomeno a chi scende in campo. Basterebbe pensare a questo per evitare di cascare nell’odioso e banale refrain dei “giocatori mercenari”.

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